Se ne sarebbero andati a casa come tutte le sere. Giusto il
tempo di raccogliere le proprie cose, dividersi le ultime monete e accorgersi
ancora una volta che non aveva vinto nessuno. Giusto qualche cent a dividere il
trionfo dalla disfatta, ad ogni modo sarebbero bastati come pretesto per
ritrovarsi di nuovo, la sera successiva a tentare la fortuna.
Cosa li spingesse, fino in fondo era un mistero: forse la
noia, in fondo non c’era molto da divertirsi in città, l’unico svago, quando il
lavoro lo permetteva era andarsene al lago per una gita. Forse sfuggire alla
routine familiare, forse il mezzo litro di vino che si scolavano puntualmente
in quella bettola intrisa di fumo.
Per Matteo era l’unico momento di riscatto, se la cavava
bene con le carte: abilissimo a barare e con una bella dose di fortuna. Non
bastava il lavoro infimo al quale era stato destinato per farsi odiare dai suoi
concittadini, si guadagnava il disprezzo anche nel gioco. Probabilmente doveva
provare anche un certo gusto nel farsi odiare, a volte sembrava quasi che
ricevesse linfa vitale dalle occhiate di odio della gente.
Quella sera aveva vinto di nuovo i suoi pochi cent e come al
solito con il ghigno avvolto nella folta barba, mentre raccoglieva quella
miseria aveva ordinato al giovane Andrea di andare a pagare il conto. Andrea il
vino non lo aveva neppure assaggiato. Se lo portavano dietro per spennargli
qualche soldo.
Sì, era proprio una sera come tutte le altre sere. Antonio
piegato sul tavolo rifaceva i conti per l’ennesima volta, anche stasera aveva
perso e il vecchio Ermes con gli occhiali sulla punta del naso gli scostava
appena il braccio per controllare che non barasse. Sarebbero riusciti
puntualmente, anche stasera, ad andare su tutte le furie e Antonio avrebbe
avuto la peggio.
Sarebbe stata la stessa identica storia. Il bar, il vino, le
carte ed infine il passo veloce lungo la strada di casa che si illuminava a
stento con le poche stelle che il cielo di Novembre regalava.
Ma ad un tratto dal fondo del locale entrò un uomo, alto,
ben vestito ma umile nel portamento. Si avvicinò lentamente tagliando con
decisione la coltre di fumo che riempiva la stanza.
Si fermò davanti al loro tavolo, perfettamente in asse con
la luce arancio del lampione che filtrava dalla bocca di lupo. Ermes ed Antonio
continuavano a litigare.
“Matteo” disse, riempendo il salone di silenzio. “Tu,
Matteo!”
Non ci fu bisogno di dire altro. Matteo sciolse il pugno
dalla quale cadevano i pochi cent.
Nessuno lo aveva mai chiamato così.
Davide Tartaglia