domenica 13 aprile 2014

Passetto


La notte saliva appena
da dietro le panchine
e noi eravamo già un punto
nello slargo.
Abitavamo uno spazio preciso
lungo la feritoia
dove entra il cielo
petrolio, insieme col mare.
A quell’ora si capisce appena
dove inizia l’uno
e finisce l’altro.
Noi lo sentivamo premere
il confine
quella sera d’aprile, il vento
ci mordeva la schiena.

Poco prima si schiudevano le promesse
con le finestre del viale
che si incendiavano di voci,
tv accese sui telegiornali
e il profumo di cena
si dileguava nella frescura serale.
Sembrava, davvero, non dovesse finire mai
quel suono di stoviglie sui piatti.
Tu eri qui -ricordo bene-
e mi dicevi che lo avremmo riempito
quel vuoto,
che gli occhi mai più li avremmo nascosti,
che le lacrime
le avremmo confessate.
Con le mani
avremmo costruito le nostre distanze
ma poi presto, un ponte
che le azzerasse.
Tutto questo dicevi
poco prima di scendere le scale
e guardare attraverso,
oltre, laggiù
dove tra i tigli
deflagrava il mare.

Quando si è aperto lo slargo
non hai detto più niente,
eri solo nera, nera più dell’acqua
e non eri più mia.

Ti brillava addosso
una manciata di stelle.

Davide Tartaglia

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